ricordo esattamente il giorno in cui ho visto per la prima volta questo annuncio alla tv giordana. una mattina, facendo colazione nella caffetteria del quartiere, a hummus e falafel.
ieri, nel farmi gli auguri, qualcuno mi ha fatto ricordare una cosa vecchia che avevo scritto sulle donne, tempo fa, proprio in occasione dell'8 marzo.
mi piacerebbe sul serio che invece di festeggiare la donna, tipo monumento monolitico alla forza e all'abilità sovrumana di stare al mondo senza soccombere, esempio massimo di multitasking applicato all'economia domestica e internazionale, che lo sappiamo già, che siamo brave, che lo sappiamo fare, che devirispettartiprimatuepoivedichetirispettanopureglialtri, che seibellacosìcomesei, che haiildirittoadesserefelice. ecco, invece di raccontarci di nuovo tutto questo, ci prendessimo del tempo per insegnare agli uomini, tutti, nessuno escluso, che quello che facciamo noi, non è niente di eccezionale. si chiama vita e la possono avere tutti. la devono avere tutti.
se empauerando una donna, empaueri tutta la sua comunità (assolutamente vero), poi prendiamo quella stessa donna e facciamole empauerizzare pure suo fratello, suo marito, suo cognato, suo cugino, il panettiere, il signore che fa la lettura del contatore, il benzinaio, l'autista del bus. mettiamo al mondo figli maschi e insegnamo loro a rammendare i calzini o a fare la torta di mele, a dire grazieprego, ad alzarsi per andare a prendere da bere di là, a fare la lavatrice e a non lasciare gli aloni sui vetri. impegnamo una sera a settimana per spiegare al nostro compagno che stirare le camicie non fa parte dell'imprinting femmineo, non ce lo passano con il latte materno, e che lo può imparare pure lui.
nel (giorno dopo al) l'8 marzo, adottiamo un uomo e insegnamogli ad essere un po' più donna.
[mica per niente, della stessa campagna per la pianificazione familiare, fa parte anche questo video]
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